domenica 27 aprile 2008

27 aprile 1937: muore Antonio Gramsci.

Colpito da emorragia cerebrale, moriva 71 anni fa Antonio Gramsci, fondatore del Partito Comunista d'Italia e del giornale L'Unità. Pensatore, filosofo, politico, pagò fino alla morte la fedeltà ai suoi ideali, aggravando le sue già pessime condizioni di salute nelle carceri fasciste. Famosa è la frase detta dal pubblico ministero Isgrò nella requisitoria contro di lui:" «Per vent'anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare». Questo è il fascismo: il blocco del cervello, del ragionamento, del pensiero. Gramsci era una mente libera che pensava troppo, e per questo andava fermato. In un mondo in cui il consumismo ci ha portato a pensare che tutto ci è dovuto e in cui i politici fanno a gara a chi rinnega di più il proprio passato, per lo starordinario esempio di coraggio e coerenza che ne ricaviamo, le parole di questo martire politico ci appaiono come una luce nel buio profondo.

"Dire la verità, arrivare insieme alla verità, è compiere azione comunista e rivoluzionaria"

"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza."

"L'illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva; la storia insegna, ma non ha scolari."

"La cultura [...] è organizzazione, disciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti, i propri doveri."

"Non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione [...] vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini. (dalla lettera alla madre del 10 maggio 1928)"

"Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che «vivere vuol dire essere partigiani». Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti."

"Voi fascisti porterete l'Italia alla rovina, e a noi comunisti spetterà salvarla!"

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